mercoledì 11 gennaio 2017

Asino va in città

Il calabrone per la sua stazza non potrebbe volare con quelle piccole ali, ma non lo sa, perché nessuno glielo dice e così vola lo stesso.

Così non è per gli asini. 

Possono volare, tutti una volta nella vita avranno esclamato guarda l’asino che vola. Possono cadere - da soli o se trovano compagnia - e qui casca l’asino e non casca se non trova il padrone. 
Non son per gli asini i confetti, non possono quindi mangiare caramelle, né spartire le perle con gli amici maiali, ma soprattutto dicono tutti che sono stupidi.

Il calabrone è libero di volare perché nessuno lo denigra. Grosso, nero, rumoroso e pronto a pungere. L’asino invece è docile, si fa gli affari suoi, bruca l’erba, raglia a volte e tira qualche calcio. Una vita tranquilla di campagna. Respira aria pulita e si fa strigliare dagli allevatori. Ma tutti lo ritengono un cavallo dalla faccia da bambino triste e l’intelligenza di una gallina.

Passa così le giornate con quel muso sempre un po’ triste. 

Un giorno però un asino si stancò. Basta erbetta verde del mio giardino, tanto quella del vicino è sempre più verde di te. Basta lavorare come i miei cugini muli. Basta far ridere con il mio raglio. Basta vita di campagna. Addio fattoria, vado in città, disse.

Asino era deciso a diventare Presidente del Consiglio e fare una legge per il rispetto degli asini.

Il fattore però non era dello stesso avviso.

- Dove vai, ciuco? - esclamò il fattore.

Vado in città! Sono stanco di far ridere tutti. Io - uscì un raglio non richiesto - voglio diventare qualcuno di importante, da rispettare. Io - un altro raglio - non voglio stare nella fattoria. Io -di nuovo un raglio- diventerò Presidente del Consiglio.

- Lo so, asinello, - disse dolcemente il fattore - e io ti considero parte della famiglia. Mi sono abituato a te e al tuo raglio. Non rido, io. Gli altri si, ma che ci vuoi fare? Se sono asini…

- Va bene. In città ci vado domani. Forse. - disse l’asino voltandosi e andando in aperta campagna.

Il fattore era indeciso se ridere delle pretese dell’asino e non prenderle in considerazione, oppure prenderlo sul serio e lasciarlo andare. Con faccia interrogativa disse:

- E cosa farai in città? Non conosci nessuno e non hai un posto dove stare. Lì non c’è né l’erba, né la stalla per te. Quelli di città non sono abituati agli asini, rideranno ancora di più del tuo raglio.

L’asino rimase per un po’ a guardare il fattore. 

Aveva ragione, il fattore, non l’asino. In città lui non c’era mai stato, non aveva amici, non c’erano stalle, molto probabilmente, per ripararlo la notte o quando piove. 

- Io voglio solo un po’ di considerazione. Io, io, io… - disse l’asino ragliando.

L’asino sorrise al tentativo di sdrammatizzare del fattore. Forse la fattoria non era così brutta. Forse la stalla non era così fredda. Forse aveva solo bisogno di sfogarsi un po’.