mercoledì 21 dicembre 2016

Il biglietto del suicidio

Si dice questa lettera sia stata trovata sotto il corpo penzolante della donna che viveva sola nell’attico di un palazzo discreto, che passava inosservato, ma allo stesso tempo ben mantenuto, con il tetto pulito senza erbacce, come accadeva invece ai tetti delle case vicine.

Si dice che la donna fosse anziana, altri sostenevano fosse di mezza età, altri addirittura erano convinti fosse una bambina vecchia. Minuta, un po’ curva, forse per gobba o forse per postura, un visetto piccolo, pallido. Leggenda vuole indossasse un cappellino grigio, alla francese, guantini mezze dita grigi che lasciavano intravedere le punte delle dita piccole e bianche. Una vocina sottile quasi impercettibile era stata udita come se non provenisse da lei ma dal cappotto che indossava: “buongiorno”. Salutava sempre.


Questa vita mi sta diventando ogni giorno più insopportabile.

Sono un aborto.

Un insieme di inespressive e incompiutezza.

Vorrei avere il coraggio di farla finita.

La frustrazione è la cifra della mia vita.

Ogni giorno mango giù un pezzetto di ingiustizie, dolori, atti che non portano a niente, sogni infranti progetti nati e finti, passioni spente, rifiuti e ancora rifiuti.

Perdente.

Tante speranza, chissà doveva dovevo arrivare! 

Ferma in un punto a marcire.

Solo un grande senso di vergogna per i fallimenti di chi pensava di fare grandi cose, o anche cose medie, ed è finita a fare niente.

Come comunicare questo disagio?

Troppo tardi per recuperare, troppo presto per mollare, forse.

Se solo potessi morire così all’improvviso.

Ho controllato il lampadario. Non credo reggerebbe il peso.

Forse devo cercare di incastrarmi alla finestra.

Forse potrei annegarmi al fiume.

Se dio esisti, fammi morire.


A quanto pare, dio ha ascoltato, o meglio, ha letto il biglietto.


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